Il Presepe



di Michele Minniti, VC Liceo Scientifico


Il Natale è quella magica festa dove buona parte della popolazione del “Mondo Occidentale” ricorda la nascita di Gesù Cristo e di tutti quegli ideali che ci hanno permesso di arrivare dove siamo oggi, nel bene e nel male. Il modo più comune di celebrare questa tradizione è in famiglia, dove tra una tavola imbandita ed uno sfarzoso albero di Natale fa capolino un’altra grande tradizione tipica: il presepe.
Dal più semplice al più elaborato, il presepe è tipicamente la rappresentazione di quella nascita tanto importante da essere ricordata ancora oggi, insieme a tutti i valori e gli ideali che caratterizzano questa particolare tradizione. Ma, di preciso, di quali valori stiamo parlando?



Una delle prime rappresentazioni della nascita di Gesù. Catacombe di Priscilla, Roma


Non è un mistero che moltissime delle tradizioni che noi oggi conosciamo come cristiane non siano altro che tradizioni pagane leggermente mutate per accordarsi al messaggio biblico, e il presepe non fa eccezione.

Infatti come la scelta del periodo natalizio combacia con quello dell’antica festività romana dei “Saturnali”, il presepe stesso fa riferimento ad un’altra tradizione romana, che a sua volta prende a piene mani da usanze greche ed egizie; ovvero la rappresentazione di divinità e scenari particolari con l’utilizzo di statuine di argilla e terracotta, o, in alcuni casi, di vere e proprie rappresentazioni degli stessi eventi e divinità fatte dal popolo stesso.


Non si hanno testimonianze di tipici presepi cristiani prima del XIII secolo, quando San Francesco d’Assisi chiese all’allora Papa Onorio III di poter celebrare il Natale in una grotta, per poter rappresentare al meglio la nascita di Gesù alla popolazione. Da lì divenne sempre più popolare l’installazione nelle chiese di statue che rappresentavano l’evento della nascita.
 

  Il presepe di Greccio, basilica superiore di Assisi. Giotto


Con il passare dei secoli l’avanzamento tecnologico ci ha permesso di realizzare presepi molto più belli, ma contemporaneamente lo spirito di questa tradizione è andato sempre più affievolendosi fino a raggiungere un impensabile ed imprevisto punto di non ritorno: il tentativo di ribaltamento del messaggio positivo che ci dovrebbe dare questa usanza.
                                                                                         
Una rappresentazione che in origine ricordava la tremenda condizione in cui è nato il Cristianesimo: con un Messia nato in un’umile stalla dopo che la sua famiglia è stata rifiutata da tutti coloro a cui hanno chiesto alloggio, e che dopo aver viaggiato per anni creando una comunità, sacrificherà la sua stessa vita in nome di un messaggio d’amore e di fratellanza che riecheggia ancora oggi.

Una cosa però è sicura, nei secoli il sentimento religioso della popolazione europea è andato affievolendosi.
Il cattolicesimo, che inizialmente lottava strenuamente per essere accettato dai Romani, oggi è la religione più diffusa in Italia. Badate bene: diffusa, non praticata. Perché, in effetti, i praticanti, quelli che seguono in tutto e per tutto la Chiesa cattolica, in Italia sono una minoranza rispetto a chi si dice solo nominalmente Cristiano. Questo però non è vero se estendiamo il discorso alla popolazione mondiale, infatti in certe aree del mondo il sentimento religioso ad oggi è molto più forte che in passato.

E qui nasce il dibattito politico: nel momento in cui una popolazione disillusa dalla religione incontra una popolazione ancora fortemente praticante, qual è il modo migliore di far integrare tra di loro le popolazioni?

C’è chi pensa che l’Europa dovrebbe abbandonare almeno formalmente i propri simboli smettendo quindi con l’utilizzo in luoghi pubblici di rappresentazioni della cristianità, lasciando dunque libertà di religione e credo solo al singolo privato senza “intaccare” o “costringere” la collettività; e chi invece è di idea diametralmente opposta, e sostiene che anzi il mantenimento dei simboli cristiani nei luoghi pubblici favorisca un sentimento di coesione scaturito dalla tradizione del luogo.

Inutile dire che questo, come moltissimi altri dibattiti, è stato distrutto da chi, facendo delle nostre radici e dei nostri valori la propria bandiera, ha svilito il tutto ad un terrificante “o noi o loro”, rendendo quasi inutile ogni tentativo di dialogo.


A questo punto chiedo: in quale direzione bisognerebbe andare? Si dovrebbe seguire il modello francese di laicizzazione rigida dello stato, oppure il modello anglosassone, che mantiene la piena libertà dei privati, o ancora l’attuale modello italiano, che spinge per la rappresentazione dei simboli religiosi tradizionali nei luoghi pubblici, pur facendo mantenere piena libertà ai privati?
Nel merito l’unica risposta che ha dato l’UE è stata quella di far mantenere ad ogni stato la propria tradizione, facendo giudicare ad ognuno il modello più adatto.
E per voi? Qual è il modello più adatto?