Tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo sentito parlare del DNA,
“Acido Desossiribonucleico”. Ci hanno sempre detto che questa microscopica
particella, contenuta all’interno del nucleo di ogni singola cellula che ci
compone, è proprio lo scrigno della nostra identità. In realtà, questo è stato oggetto
di studio solo dal 2000, ma in questi 17 anni la scienza genetica ha fatto
progressi immensi, tanto da attrarre qualcuno, al quale non interessa il nostro
DNA per scopi scientifici come la ricerca, bensì per scopi commerciali: come le
multinazionali. Per cui viene spontaneo chiedermi: è veramente “soltanto
nostro” questo DNA? Purtroppo no.
Al giorno d’oggi viene offerta continuamente la possibilità di conoscere
con immediatezza e facilità, lontano da cliniche e ospedali, il “proprio manuale di istruzioni” tramite il
“test del DNA da casa”, un test proposto da varie società private di ricerca
scientifica, come l’americana “23 & me”. In fondo, chi, anche per
semplicissima curiosità, non spenderebbe 21 dollari per scoprire la propria
essenza? Fin qui tutto fila liscio, se non fosse che quel che sembrerebbe
semplicemente una ricerca dei propri dati in realtà è una vera e propria
donazione della propria identità. E la cosa dovrebbe spaventare parecchio: a
chi si stanno fornendo queste informazioni? I dati personali rimarranno
custoditi? Non è ad istituti di ricerca certificati o a studi medici
autorizzati che regaliamo le nostre informazioni, ma a colossi del marketing.
Primo nella categoria, Google, che ha creato un vero e proprio social sempre in
collaborazione con la 23 & me, grazie al quale è possibile conoscere le persone
con cui si hanno dei legami genetici e, perché no, scoprire qualche nuova
parentela. Il progetto non si ferma qui: in futuro l’idea
sarebbe quella di sfruttare queste informazioni come “cookies”, ossia pubblicità online; in questo modo le probabilità che il cliente
vada ad acquistare un certo prodotto, essendo “naturalmente” attratto da esso,
sono nettamente superiori. Sullo stesso principio si basa un’ulteriore idea: in
Austria una microazienda gestisce un sito di incontri basati sull’attrazione
genetica: semplicemente attraverso dei prelievi di sangue viene calcolata
“l’affinità naturale” tra i due “esaminati”.
Esistono anche delle vere e proprie “biobanche”, che raccolgono il DNA di
milioni di persone: la più importante si trova in Sardegna (quest’ultima è
stata derubata di recente).
A questo punto mi chiedo: tra 50 anni esisteranno oggetti creati apposta
per noi? Ci innamoreremo grazie ad un semplice test? Al supermercato troveremo
una suddivisione dei reparti “genetica”?
Virginia Cricchio
IC Liceo Scientifico