(di Saija Anastasia, II A Liceo Scientifico)
Giorno ventiquattro
Aprile, si è tenuto al Teatro Trifiletti di Milazzo l'ultimo incontro del
progetto "Se si insegnasse la bellezza", alla quale hanno partecipato
anche le classi seconde del liceo "G.B. Impallomeni". Dopo una breve
introduzione, gli studenti interessati hanno assistito alla proiezione della
pellicola cinematografica "Sicilian Ghost Story". Il film in
questione è una versione “fiabesca” delle vicende legate all'omicidio di
Giuseppe Di Matteo: si narra dell’amore tra Giuseppe e Luna che viene stroncato
sul nascere dalla scomparsa del ragazzo, ignorata da tutti; solo la ragazza,
sperando di poterlo salvare, è decisa a scoprire cosa sia realmente accaduto.
Il film è stato
realizzato dalla coppia di registi siciliani Fabio Grassadonia e Antonio
Piazza, i quali hanno deciso di raccontare una storia realmente accaduta, ma talmente
dolorosa da sentire la necessità di fonderla con la fantasia: "Questa
storia era impossibile da raccontare in modo realistico, perché non aveva
possibilità di redenzione", ha dichiarato Piazza, "Mafia, amore,
favola e perfino ghost story: raccontare un fatto così crudele in questo modo,
per noi è un atto politico, una provocazione. Significa coinvolgere
emotivamente il pubblico.".
I due registi
sembrano essere riusciti nel loro intento; infatti il film è stato recepito molto
positivamente, arrivando addirittura ad essere il primo film italiano ad aprire
la 56esima Settimana della Critica a Cannes, in occasione della quale è stato
molto apprezzato e onorato da una lunga standing ovation.
L'incontro è
terminato con un breve commento, che ha fornito chiarimenti sulla storia del
povero Giuseppe: questo fu rapito ad appena tredici anni, come ignobile
tentativo di far tacere suo padre Santino Di Matteo, collaboratore di
giustizia. Santino Di Matteo. Questi, nonostante un crollo iniziale, non si
piegò al ricatto e decise di proseguire nella sua collaborazione con la
giustizia. Grazie alle sue rivelazioni è stato possibile condannare Giovanni
Brusca, ideatore del rapimento, all’ergastolo. Ma il boss decise di vendicarsi
e diede l'ordine, dopo ben venticinque mesi di prigionia, di uccidere il povero
Giuseppe, che venne strangolato e sciolto nell'acido. L'unica magra
consolazione ricavabile da questo terribile avvenimento è che il suo sequestro
e omicidio abbiano portato alla condanna all'ergastolo di circa cento mafiosi.
È fondamentale
ricordare avvenimenti simili, così da evitare che la memoria degli orrori
commessi dalla mafia venga cancellata: l’omicidio di Giuseppe Di Matteo non è
altro che un atto di cruda mostruosità, totalmente ingiustificabile – egli non
aveva alcuna colpa, se non essere il figlio di un “nemico della mafia”. È
necessario conservare il suo ricordo, così come quello di tutte le vittime di
mafia, per far sì che i loro nomi e le loro storie non cadano mai nell’oblio.