Fabrizio De Andrè, a 20 anni dalla sua morte


(Virginia Cricchio, 2C Scientifico)
L’11 Gennaio 2019 è stato il ventesimo anniversario dalla scomparsa di Fabrizio De Andrè, cantautore italiano di successo che, grazie alle sue canzoni, i cui testi sono delle vere e proprie poesie, è ancora molto ascoltato da italiani (e non solo), e non passa inosservato neppure tra i giovani d’oggi.
 “Faber”, appellativo con cui è conosciuto, datogli dall’amico Paolo Villaggio, nasce a Genova in una famiglia benestante proprietaria di alcune scuole private. 

Già da piccolo manifesta grande predisposizione per la musica, ma scoprirà questa passione solo all’età di 14 anni, quando riceve in regalo la sua prima chitarra, strumento da cui non si è mai staccato mai e riguardo a cui disse: “È bello che dove finiscono le mie dita debba in qualche modo cominciare una chitarra” (primo verso di “Amico Fragile” -1975).

Pubblica il suo primo 45 giri, “Nuvole Barocche”, nel 1958, ma la svolta per la sua carriera arriva nel 1964 quando Mina canta la sua “Canzone di Marinella”. Le sue composizioni, come molte di tanti altri cantautori italiani, danno voce all’Italia del dopoguerra, che rinasceva, mettendone in luce pregi e difetti, ironizzando sul passato, smontando e ricostruendo valori su cui era basata la società dell’epoca, che in quegli anni venne rivoluzionata. I protagonisti delle sue canzoni passano da Pasquale Cafiero (Don Raffaé), brigadiere di Poggio Reale, a Marinella o Bocca di Rosa, prostitute. In un qualche modo De Andrè raccontò storie di tanti italiani di allora nei quali ciascuno si poteva, e ancora si può, riconoscere.

Introspettivo e schivo, non si esibì in numerosissimi concerti dal vivo; le copie vendute dei suoi dischi, però, superarono quelle di tanti suoi contemporanei e tutt’oggi si mantengono abbastanza alte.
Chi non ha mai intonato o ascoltato “La Guerra di Piero” (1974), “Bocca di Rosa” (1967), “Via del Campo” (1967), “La Canzone dell’Amore Perduto” (1974), “Il Testamento di Tito” (1970)? Nel 2018 è uscito anche un film su di lui: “Fabrizio de Andrè – Principe Libero”, diretto dal regista di Luca Facchini, prodotto e trasmesso da Rai 1, con enorme successo di pubblico.

A 20 anni dal suo decesso, ancora le sue parole sanno davvero dare voce al cuore e, soprattutto, mostrano il riflesso di una mente geniale, profonda, della quale l’Italia non smetterà mai di vantarsi. Tante tematiche da lui affrontate, a distanza di più di 50 anni, sono tutt’ora attualissime. Per concludere, sarebbe bene che tutti ricordassimo che, come diceva lui nella sua “Via del Campo”: “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”.