Alla scoperta di Charlotte Salomon


Amalia Chiara Salvadore (IV A CL) e Alberto Scognamillo (IV A CL)



La Giornata della Memoria all’Istituto d’Istruzione Superiore “Giovan Battista Impallomeni” di Milazzo è stata l’occasione per scoprire la vita e l’opera di Charlotte Salomon, artista ebreo-tedesca vittima della persecuzione nazista. Una storia poco nota ed è stata presentata da un’ospite d’eccezione, la scrittrice Vittoria De Marco Veneziano. La scrittrice, narratrice e saggista Vittoria De Marco Veneziano, nata a Milazzo ma residente a Siracusa, da anni si occupa di storia di genere ovvero di tematiche che riguardano donne celebri che hanno fatto la storia (e che, immeritatamente, spesso sono poco note): su questi temi ha pubblicato nel 2013 “Tante donne” e nel 2018 “Vivian, Màxima… e le altre donne”, ambedue editi dalla casa editrice genovese Erga Edizioni. In quest’ultimo libro, dedicato alle donne di ieri e di oggi che di fronte a mille difficoltà hanno dato prova di determinazione e coraggio, c’è un capitolo dedicato a Charlotte Salomon, giovane pittrice dei tempi della Seconda Guerra Mondiale, che ha vissuto una storia davvero drammatica. L’evento, svoltosi nell’Auditorium del Liceo Impallomeni, si è aperto con i saluti del dirigente scolastico, la professoressa Caterina Nicosia, che ha illustrato l’alto valore del ricordo di quei tempi così funesti che sembrano lontani ma solo la memoria e la costante testimonianza possono rendere davvero lontani. Un bel intermezzo musicale (la cover della colonna sonora del film “Schindler’s List”), a cura dei professori Vincent Dominique Trifirò e Massimo Raffa (l’uno insegnante di Storia dell’arte l’altro di Latino e Greco ma ambedue ottimi musicisti), ha rappresentato la sigla d’inizio. Dapprima ha preso la parola Attilio Andriolo, medico milazzese e attivissimo operatore culturale nella città, che ha attualizzato il tema della Shoah e ringraziando il Movimento Cristiano Lavoratori, rappresentato da alcuni ambasciatori presenti, per aver contribuito alla riuscita dell’evento. Il medico ha poi presentato la scrittice, leggendone l’interessante curriculum. A questo punto ha preso la parola Vittoria De Marco Veneziano che ha ringraziato chi ha parlato prima ma anche gli studenti presenti, puntando a dialogare con loro, per far comprendere meglio il personaggio che ci ha proposto: Charlotte Salomon. Partendo dall’opera “Leben? Oder Theater?” (“Vita? O teatro?”) della pittrice tedesca Vittoria De Marco Veneziano ha delineato i passaggi più importanti della sua vita e della sua personalità. Charlotte è nata a Berlino il 16 aprile 1917 da una famiglia colta e benestante. La De Marco Veneziano ha raccontato un simpatico aneddoto riguardante il primo incontro tra i genitori della ragazza: il padre Albert, un ufficiale medico, mentre stava operando un soldato, poiché raffreddato, chiede all’infermiera Franziska Grunwald, quella che poi diventerà sua futura moglie, di soffiargli il naso. Nasce così la loro relazione. L’infanzia di Charlotte appare felice e normale fino all’età di dieci anni, quando sua madre, in preda a crisi depressive che la tormentavano ogni giorno, si suicida gettandosi da una finestra. Il padre, però, dice alla figlia che sua madre è morta a causa di una malattia. Charlotte, inizialmente, si mostra turbata a seguito delle seconde nozze del padre con Paula, però, con il tempo riesce a diventare amica della matrigna. Nel 1935, a causa delle leggi razziali in Germania, sia Albert che sua moglie perdono il lavoro e Charlotte si vede costretta ad abbandonare la scuola ma continua la sua istruzione in privato e, eccezionalmente, viene accettata come unica ebrea alla Scuola Nazionale dell’Accademia delle Belle Arti di Berlino. All’età di sedici anni incontra un ragazzo che sarà il suo primo amore. Nel 1936 il padre, insieme alla moglie, è deportato nel campo di concentramento di Sachsenhausen, per poi essere liberato nel 1938 grazie ad un tranello (i due coniugi, in quanto rispettivamente medico e infermiera del campo di concentramento, fingendo di chiedere materiale per operare, scappano via), mentre Charlotte si trasferisce dai nonni paterni a Villefranche-sur-Mer nel sud della Francia. Purtroppo, però, sua nonna si suicida davanti a lei e il nonno le svela la verità sulla morte di sua madre e anche di sua zia, donne infelici e depresse che si sono tolte la vita. Nel 1940 Charlotte e il nonno vengono internati nel campo di concentramento di Gurs, sui Pirenei, ma vengono rilasciati e tornano a piedi in Francia. Dopo poco il nonno muore e lei rimane sola, non riuscendo più a contattare il padre. Anche lei eredita una profonda depressione, come le donne della sua famiglia, e, per contrastare questo stato d’animo compromesso, il medico che aveva curato suo nonno le consiglia di dipingere. Grazie a questo consiglio, compone la sua opera utilizzando solo i tre colori primari, realizzando, dunque, 769 dipinti. Nel frattempo ha conosciuto un altro ragazzo, Alexander Nagler, che la sposa pur non essendo ebreo. Nel 1942 vengono entrambi internati nel noto campo di concentramento di Auschwitz e lei viene uccisa appena arrivata, in quanto incinta, mentre lui muore di stenti un anno dopo. I dipinti di Charlotte, racchiusi in una valigetta, erano finiti nelle mani del medico, che, come da richiesta della pittrice, li recapita al padre. Successivamente finiscono nel museo ebraico di Amsterdam, diventando famosi. Il primo ragazzo della pittrice, trasferitosi negli Stati Uniti d’America, muore anziano, dopo aver coltivato per tutta la vita l’interesse per le opere della ragazza, data la sua professione di critico d’arte. La manifestazione commemorativa si è conclusa con la visione di un filmato che ha sintetizzato la storia di Charlotte e con i saluti della scrittrice e della preside.