Nella nostra lingua sono sempre più presenti i cosiddetti neologismi, parole ed espressioni di recente introduzione, che rispondono alla necessità del linguaggio di evolversi al passo con la nostra, mai scontata, contemporaneità. Ma la lingua italiana ci porta a confrontarci anche con degli arcaismi, locuzioni prese in prestito da lingue antiche e oramai desuete; il ricorso a vocaboli del passato è un ingrediente tipico della tradizione del nostro Paese, letteraria e non. Primo fra tutti è l’utilizzo della lingua latina, alla quale ci appelliamo anche noi, studenti del liceo.
È capitato a tutti di sentire delle espressioni latine, di cui non tutti sono a conoscenza del significato intrinseco, come, ad esempio ” verba volant, scripta manent”, quando vogliamo far intendere che le parole, se non vengono seguite dai fatti, perdono di significato; “mens sana in corpore sano”, ovvero che l’esercizio fisico è condizione indispensabile per l’efficienza della facoltà spirituale; “repetita iuvant”, sull’utilità che a volte assume la ripetizione di un concetto o di una raccomandazione; avere un “qui pro quo”, intendere qualcosa per qualcos’altro, un equivoco; la propria “forma mentis”, cioè il peculiare modo di vedere le cose che ciascun individuo possiede e sviluppa; “non solum, sed etiam” (non solo ma anche); e ancora “in extremis”, come ultimo termine, oppure “super partes”, porsi al di sopra delle parti, atteggiarsi con neutralità.
Come si nota, le espressioni sono numerose e la traduzione non restituisce in maniera doverosa l’incisività che le caratterizza, ergo (dunque), risulta inutile continuare rischiando di far diventare il tutto uno sterile elenco non abbastanza esaustivo. Questo repertorio è atto all’individuazione delle locuzioni più celebri ed adoperate nel linguaggio comune, diventandone parte integrante, per la straordinaria capacità comunicativa ed emblematica, che forse solo le lingue antiche conservano così accuratamente, “sedulae”. Inoltre, si evince che le lingue del passato non sono lingue morte, e se anche lo fossero “mors tua vita mea”(morte tua vita mia), hanno lasciato un’eredità idiomatica molto rilevante, una profonda impronta nel presente poiché “ars longa, vita brevis” (l’arte è lunga, la vita è breve).
E dulcis in fundo (per concludere): Ad maiora semper!
Ludovica Bernasconi II C, Liceo Scientifico